In bicicletta alla scoperta del Sud Africa mondiale

Viaggio in bicicletta omaggio al Sudafrica dei Mondiali. Due lombardi, Attilio Benicchio di Bergamo e Sabrina Pirovano di Milano, dal 16 aprile al 9 maggio hanno percorso 1500 chilometri da un capo all’altro del Paese.

In sella, si parte!
Con sedicimila metri di dislivello, «ciclisticamente è stata un’impresa parecchio dura», ha spiegato Attilio Benicchio, «avevamo delle biciclette con delle sacche di 12, 13 chili ciascuna che contenevano tutto il necessario per assicurarci l’autosufficienza». Una faticata che, dicono, alla fine è valsa la pena: «La mia compagna ha più volte pensato di mollare tutto e noleggiare un'auto», continua Benicchio, «solo strada facendo, pedalata dopo pedalata, salita dopo salita, alla fine ha vissuto un'esperienza interessantissima».

Palla al centro
Nel Sudafrica ospite del primo campionato mondiale del continente africano, l’atmosfera legata alla Coppa del Mondo si è fatta sentire già a un mese dalla rassegna iridata. «Appena sbarcati all’aeroporto s’incontrano persone che giocano a calcetto». Anche se, a ben vedere, la febbre del pallone non ha contagiato tutti allo stesso modo: «Abbiamo incontrato molte persone di colore sfoggiare le maglie della nazionale o sventolare le bandiere, ma quasi nessun bianco che inneggiasse ai bafana bafana», i giocatori del ct Parreira, "i nostri ragazzi" in lingua zulu.

On the road
La bicicletta, a differenza di altri mezzi decisamente più comodi, è una vita sulla strada che permette di venire a stretto contatto con le popolazioni locali. «Passavamo dai quartieri residenziali con ville con piscina alle cosiddette township, le favelas alle periferie delle città con case di latta e senza servizi igienici», racconta ancora il ciclista di Bergamo, «c’è un’enorme differenza tra straricchi e strapoveri, ovunque si respira un forte disagio sociale».

Slow bike
Non solo turisti in vacanza, macinando chilometri i due ciclisti hanno anche fatto da piccolo avamposto dell’osteria “Al Vecchio Tagliere” di Bergamo per prendere contatto con le comunità di Terra Madre, l’associazione che riunisce le “comunità del cibo” che fanno parte della filiera alimentare per difendere la biodiversità dei loro prodotti. «Presso la sede nello Swatziland le comunità producono una patata locale chiamata amathapa e coltivano una varietà di alberi selvatici fra cui la marula da cui ottengono un'ottima confettura», ha detto Attilio Benicchio, «se teniamo conto che il Sudafrica vive prevalentemente di un’agricoltura basata sulle coltivazioni di grandi estensioni, come la canna da zucchero o i bananeti, cercare di ripristinare le colture tradizionali è una grande sfida».

( FpS Media )